POM #77 - Brand o prodotto?
In una recente diretta su LinkedIn con Marco Apadula ho potuto dire la mia sulla dicotomia tra prodotto e brand, esplorando come questi elementi interagiscono e si influenzano a vicenda.
In una recente diretta su LinkedIn con Marco Apadula, mi sono ritrovato a navigare nel mare tumultuoso della dicotomia tra prodotto e brand.
Ogni volta che affronto questo argomento con colleghi e professionisti del settore, emerge una discussione senza fine in cui tutti vogliono avere - e forse hanno - ragione. Con Marco, un professionista e amico che ho iniziato a stimare già dal primo Negroni sbagliato bevuto insieme, sono riuscito, invece, ad affrontare questo terreno assai complesso con un tono leggero e diversi sorrisi.
Il primo argomento che ho condiviso ha riguardato un’esperienza diretta e recentissima avvenuta durante il mio viaggio in Indonesia: la scelta di pannolini in un supermercato Indonesiano.
Questa attività, già abbastanza complessa in Italia, si è trasformata in una sorta di "caccia al tesoro" guidata da colori, immagini e alcune keyword. Non potendo, quindi, valutare le specifiche del prodotto ho fatto affidamento a ciò che mi comunicava il suo packaging, al feeling che mi trasmetteva il brand, oltre che, naturalmente dal posizionamento del prodotto nello scaffale e dal prezzo.
Inoltre, questo è un ottimo esempio di separazione netta tra Buyer personas (io) e User Personas (mio figlio di 8 mesi) che rende quindi tutto più difficile visto che il mio piccolo Diego non riesce ancora ad esprimere in maniera chiarissima le sue preferenze. :-)
Dopo una serie di analisi e valutazioni ho scelto quello che mi sembrava il più vicino alle mie necessità e al risultato desiderato: Merries Pants. Ma, come spesso accade durante la journey di acquisto, non ero convinto al 100% e così ho fermato una commessa sulla quarantina - età ben superiore a quella in cui in media diventano madri le donne in Indonesia - e le ho chiesto un parere. La ragazza mi ha confermato la validità della scelta e ha aggiunto: “è la marca che ho usato per i miei figli”. Riprova sociale ottenuta e posso confermare per nome di mio figlio che il prodotto ha mantenuto tutte le promesse del brand. :-)
Questa semplice scenetta ci aiuta a capire come la cura del brand sia fondamentale laddove l’utilizzo del prodotto non può essere “testato” oppure dove non c’è tangibilità delle specifiche tecniche. D’altronde il brand non è la rappresentazione grafica del logo o il suo naming, ma è un insieme di elementi - scelte strategiche sarebbe meglio dire - che caratterizzano in maniera univoca l’identità e la percezione di un prodotto o un’azienda.
Ho chiesto a ChatGPT di darmi un elenco di elementi che compongono un brand ed è uscito questo:
Logo: È il simbolo grafico che rappresenta l'azienda. Deve essere distintivo e riconoscibile.
Palette di Colori: I colori scelti per rappresentare il brand. Questi colori sono utilizzati in tutto il materiale di marketing.
Tipografia: Il font o i font scelti per rappresentare il brand in vari materiali scritti.
Tono e Voce: Il modo in cui il brand comunica con il suo pubblico.
Immagini e Grafica: Queste includono fotografie, illustrazioni e altri elementi grafici utilizzati nei materiali di marketing.
Valori del Brand: Ciò che il brand rappresenta. Ad esempio, un brand ecologico potrebbe valorizzare la sostenibilità e la protezione dell'ambiente.
Promessa del Brand: Ciò che il brand promette ai suoi clienti. Ad esempio, una compagnia aerea potrebbe promettere puntualità o comfort.
Posizionamento: Come il brand si posiziona rispetto ai concorrenti nel mercato. Ciò include il target di riferimento e il valore unico che offre.
Storia e Narrativa: Ogni brand ha una storia da raccontare, che può essere la storia della sua fondazione, della sua mission o dei suoi valori.
Touchpoints: Sono i punti di contatto tra il brand e i clienti, che possono includere il sito web, i social media, gli annunci pubblicitari, gli eventi e altro.
Cultura Aziendale: Il modo in cui l'azienda opera e interagisce sia internamente sia con i clienti.
Percezione Pubblica: La reputazione del brand e come viene percepito dal pubblico. Questo può essere influenzato da recensioni, pubblicità, rapporti con i clienti e altro.
Sono abbastanza d’accordo con l’intelligenza Artificiale, ma io aggiungerei anche il network e le partnership, nonché, il team. Perché, soprattutto se parliamo di aziende, non ci dobbiamo dimenticare che esse sono per definizione “un organismo fatto di persone e beni…”.
Tornando alla domanda iniziale: brand o prodotto? Dopo aver portato questo esempio ho esposto un caso opposto: un'azienda produttrice di cavatappi, dove l'obiettivo primario è esclusivamente quello di vendere cavatappi come se non ci fosse un domani, senza preoccuparsi troppo della costruzione di una lealtà del brand.
In situazioni del genere non conviene inserire degli investimenti sul brand nel piano strategico, ma puntare tutto sulle caratteristiche del prodotto cercando di massimizzare le performance - peso ed ergonomia - e le marginalità - materiali, packaging e distribuzione.
Inoltre, il ciclo di vita lungo di un prodotto come il cavatappi potrebbe rendere inutili gli investimenti in branding con obiettivi di fidelizzazione. Altro discorso, invece, se l’azienda punta ad affermarsi e posizionarsi come società di design nel campo degli utensili domestici o professionali. Allora sì che l’investimento in brand ha senso ed anche obbligatorio.
Come si può notare ciò che sposta nettamente l’ago della bilancia è l’obiettivo dell’azienda o del prodotto, la sua vision.
Ecco perché l’errore più grande che possiamo commettere quando siamo alle prese con la creazione di un nuovo business è quello di considerare sempre e soltanto obiettivi di “alto profilo” definiti da noi:
il prodotto più resistente agli urti
il telefono con il design più ricercato
l’app di messaggistica più sicura al mondo
etc…
Ma siamo sicuri che sono questi i mercati in cui vogliamo competere? Lo facciamo per noi o per i nostri clienti? Ma, soprattutto, sono questi gli outcome desiderati dagli utenti?
Una delle frasi che adoro di più su questo tema è di Alistair Croll “Don't sell what you can make; make what you can sell.” tratta dal suo libro meraviglioso e stra-consigliato Lean Analytics1.
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Dopo questi due esempi il dibattito si è quindi spostato sul fatto che non esiste una risposta tagliata e asciutta alla domanda "brand o prodotto?" e che quella più corretta - anche se abbastanza odiosa - è “dipende”.
Le variabili in gioco, infatti, sono molte: obiettivi di business, tipologia di consumatore, il mercato, il timing, la strategia di go-to-market e, perché no, il budget disponibile.
Su due cose, però, ci siamo trovati molto d’accordo io e Marco:
1) un brand forte senza un prodotto solido che mantiene le promesse date è uno scenario ben più pericoloso rispetto ad un prodotto forte supportato da un brand debole.
2) Un brand forte offre una rete di sicurezza contro gli errori strategici e tattici, un lusso che un brand debole non può permettersi.
Su questi due punti sono usciti diversi casi: Coca-Cola con lo scivolone della light; Moncler con lo scandalo delle piume; Prosciutto di Parma con i maiali e il veleno dei topi; Microsoft con la famosa schermata blu; i più recenti flop di Tesla e del vetro antiurto in mille pezzi o di Google con la presentazione di Bard che è costata quasi 100 miliardi in borsa ad Alphabet.
Prima di chiudere la diretta ho avuto anche modo di raccontare il caso studio di EasyPol2, un'app di pagamenti digitali di cui 20tab ne ha curato lo sviluppo iniziale, la strategia di lancio e la crescita nei primi anni di vita.
EasyPol è un esempio lampante di come un lavoro accurato sulla comunicazione e sul brand possa fornire una spinta significativa al prodotto. Dalle scelte strategiche di posizionamento e pricing al design, dalla cura dei termini utilizzati ai partner, dalla scelta del periodo di lancio alla location e modalità di presentazione dell’applicazione al mercato, sono state tutti elementi perfettamente combinati tra di loro per poter costruire un brand intorno a un prodotto validissimo.
In questo modo l’app di EasyPol è stata fin dai primi giorni di vita percepita dai suoi utenti come una soluzione affidabile, veloce e user-friendly.
Non esitare a condividere questi contenuti se li trovi di valore.
Verso gli ultimi minuti della live, anche per lasciare qualcosa di concreto e applicabile fin da subito in questa danza tra prodotto e brand, ho parlato di quali strumenti ritengo utili per mettere a fuoco gli scenari in cui ci si ritrova e poter prendere le decisioni con maggiore consapevolezza.
Tra gli strumenti che ho consigliato ci sono:
il Jobs To Be Done (JTBD)3, utile per individuare i reali obiettivi degli utenti e definire le caratteristiche necessarie per soddisfare le loro aspettative sia a livello di brand che di prodotto;
il Lean Canvas, perfetto per analizzare, valutare e definire gli elementi su cui si fonda l’idea di business.
Oltre a questi strumenti c’è anche il Value Proposition Canvas per studiare da vicino l’utente finale e definire la proposta di valore adeguata, e la tradizionale ma evergreen analisi SWOT, sempre valida per generare maggiore consapevolezza di sé e del mercato.
Credo che sia tutto, ma per una panoramica più visuale di questa avventura concettuale, vi invito a visionare il video della live sul canale YouTube di Marco Apadula. Anche perché la registrazione offre una disamina più dettagliata di questi temi, con un pizzico di ironia che rende la conversazione ancora più leggera4.
A presto,
Mirko
Grazie per aver letto un mio POM!
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