POM #80 - A Natale dovremmo essere tutti più buoni, ma perché?
Una newsletter di riflessione sui perché: dall'amore alla fedeltà di marca, dall'essere più buoni a Natale alla retention. Una newsletter che vuole chiudere con una serie di domande il 2023!
Chi mi conosce un tantino - in verità basta passare con me 10 minuti perché su questo argomento rompo tanto le scatole - sa quanto sia positivamente fissato sul cercare e voler comprendere il perché di ogni cosa.
Ad esempio, perché a Natale dovremmo essere tutti più buoni? Non possiamo esserlo tutto l’anno? Perché ci ricordiamo di determinate buone abitudini solo in determinate occasioni: la giornata della pace, la giornata dei nonni, la festa della donna, etc…
Perché restiamo fedeli a determinate marche? Oppure, perché i nostri partner di vita ci hanno scelto e ci continuano a scegliere ogni giorno?
Perché un prodotto digitale diventa parte delle nostre abitudini - al limite della dipendenza - come, ad esempio, Instagram o TikTok, social network che fanno parte del risveglio mattutino di moltissimi utenti e anche l’ultimo intrattenimento prima di riposare.
Di questo voglio parlarvi in questa newsletter. Argomenti leggeri natalizi, insomma! :D
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Il mondo dei Perché
Il viaggio nel mondo dei perché è senza una vera e propria destinazione finale - come nel film “Back to the Future” - perché ad ogni risposta si apre la porta a una nuova domanda che ci permette di approfondire e di conoscere il vero senso delle scelte dei consumatori e non solo.
Visto il periodo mi sembra più che opportuno partire dal Natale. Perché proprio in questo periodo dell'anno ci sentiamo spinti ad essere più buoni, più generosi? Perché facciamo file infinite, passiamo ore a cercare un parcheggio in centro oppure a visitare infinite pagine internet alla ricerca del regalo perfetto?
Per rispondere a queste domande prendo in prestito i concetti alla base del framework "Jobs to Be Done"1. Ognuno di noi - chi più chi meno - è programmato per cercare e creare connessioni attraverso il più antico mezzo di scambio che abbiamo mai conosciuto: dare per ricevere. Il donare a Natale diventa così il nostro Jobs da portare a termine per poter raggiungere uno dei tanti risultati desiderati.
WHEN it's Christmas time, I WANT TO buy a present for someone important to me SO I CAN enforce our connection/relation. (volutamente scritto in Inglese perché in Italiano non mi veniva altrettanto bene l’esempio! :D )
Ora, se sei un produttore di “potenziali beni o servizi” utili allo scopo di tutte le persone che hanno questo JTBD vien da sé che sapere il loro perché “enforce our connection” può essere un vantaggio strategico nelle scelte decisionali in ambito di marketing e prodotto. Qui, il 'Job' che il regalo svolge va oltre il semplice oggetto fisico e assume un significato emotivo più profondo, contribuendo a rafforzare il legame.
Ad esempio, se fossi stato CGO di ChatGPT mi sarei inventato una trovata Natalizia dove per 3 mesi un utente PRO poteva condividere gratuitamente il account con un ospite e un workspace in comune, permettendo così una sorta di mentoring da parte degli utenti più esperti ai loro amici/famigliari/colleghi ancora poco pratici di questo prodotto. Questa iniziativa / feature risponde al JTBD che abbiamo visto sopra? Per avere una risposta basata sui dati occorrerebbe testarla e validare tutte le assunzioni che ci sono dietro, ma credo che possiamo quantomeno affermare senza troppi dubbi che questa idea è abbastanza in linea con gli outcome desiderati dall’utente.
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Abbandoniamo per un po’ il Natale e veniamo a un argomento di cui amo leggere e informarmi a più non posso: la brand loyalty.
Se nell’esempio di sopra ho chiesto aiuto al JTBD per illustrare ciò che penso, qui userò il Golden Circle2 di Sinek. Perché diventiamo fanatici di alcuni brand? Perché il 90% delle scarpe che possiedo sono Converse? Perché regalo ai miei figli solo i mattoncini della Lego e non di qualche altra azienda? Perché quando osservo un brand competitor ai miei preferiti mi sento coinvolto in una sorta di sfida?
Di sicuro non è il prodotto in sé che fidelizza così tanto - ed è scontato che quello ci deve essere a prescindere - ma è il perché dietro al prodotto. È quella storia, quella promessa, quei valori, quella connessione che genera in noi un sentimento di: "questo brand mi capisce sempre e non mi delude mai".
Scegliamo e continuiamo a scegliere un brand perché ci fa sentire sicuri e parte di qualcosa più grande di noi. Perché ha un set valoriale simile al nostro e un modo di comunicare che ci avvicina. Perché usa i mezzi giusto per metterci a nostro agio e farci sentire importanti.
La fedeltà di marca e, in senso ancora più ampio, la fidelizzazione, la conservazione dei rapporti (aka “retention”) sono la cosa più vicina a quello che unisce le persone e crea una comunità. Se ignoriamo il perché dei nostri utenti, ignoriamo ogni possibilità di creare sintonia, di generare coesione e di riuscire a conservare un rapporto duraturo con loro.
Ora, non tutti i brand o prodotti sono nascono con questo obiettivo perché sarebbe come affermare che con ogni persona che incontriamo per motivi personali o professionali vogliamo costruire un rapporto solido e a lungo termine. Abbastanza improponibile e impossibile da realizzare.
Proprio per la necessità di essere selettivi conoscere il perché delle persone o degli utenti diventa non solo utile, ma direi fondamentale. Ad esempio: perché il tua/o partner ti ha scelto e ti sceglie ogni giorno?
Questa è la domanda che mi diverto a fare alle persone che incontro per lavoro quando voglio spiegargli il valore che si nasconde dietro alla consapevolezza del perché.
La loro prima reazione è più o meno questa:
La cosa più buffa è che quasi tutti mi rispondono con frasi scontate tipo:
lo faccio sentire amato
lo rendo felice
si sente completato
etc.
Ma quando gli chiedo: sono questi dei veri perché? L’essere amati è uno stato finale o un mezzo che porta a qualcosa di più profondo? Ed essere felici?
È lì che vacillano e si accorgono che hanno smesso di chiederselo fidandosi della consuetudine e delle abitudini. Nulla di più sbagliato se si vuole portare avanti una relazione felice e duratura.
Ad esempio, in psicologia la felicità è uno stato emotivo positivo che, insieme a tanti altri, procura benessere. Rendere felice il nostro/a partner, quindi, è uno dei tanti “come” che possiamo utilizzare per raggiungere il benessere. In pratica, impegnarsi ad amare qualcuna/o - amare è un verbo transitivo - soddisfacendo il suo “problema” è il nostro “cosa” che mettiamo in campo al fine di ottenere la migliore relazione di coppia possibile che alimenterà il nostro benessere personale.
Quando decido di avviare una relazione vorrei essere felice in modo che possa aumentare il mio benessere generale.
Qual è la cosa più importante per noi in qualità di partner per avere un valore di ritorno? Impegnarsi ogni giorno a renderla/o felice.
È un’estrema semplificazione, ma ci è utile per trasferire questi concetti dall’amore al rapporto tra prodotto e utenti o brand e suoi consumatori.
Qual è, quindi, la cosa più importate per un prodotto o un brand? Impegnarsi quotidianamente nel soddisfare i bisogni dei suoi utenti, creando e offrendo un valore da essi riconoscibile in linea con i loro obiettivi più profondi, al fine di ottenere in cambio un valore sotto forma di revenue e/o retention.
Un ulteriore fattore di complessità, come spiega bene Seth Godin nel suo meraviglioso libro “Purple Cow”3, è rappresentato dalla regola per cui le aspettative sulla soddisfazione dei propri bisogni cresce al migliorare delle soluzioni presenti sul mercato finché, ciò che all’inizio ci stupiva, sorprendeva e soddisfaceva come una mucca viola in mezzo a una mandria di marroni, dopo un po’ non notiamo più e andiamo in cerca di qualcosa di nuovo e innovativo.
Anche il papà dell’economia moderna Adam Smith4 nel lontano XVIII secolo affermava che “nei mercati liberi, quando lasciati a se stessi senza interventi governativi eccessivi, la concorrenza tra i fornitori porta a maggiore innovazione”. Innovazione che va guidata oppure subita come ci insegna il caso Kodak oppure Nokia rispetto a Apple o Amazon.
Ecco perché quel “impegno quotidiano” è così fondamentale! Ecco perché tutti quanti i più grandi guru sul tema Product Management dicono la stessa cosa: ascolta e comprendi i bisogni dei tuoi utenti, ma soprattutto le loro motivazioni. Questo è l’unico modo per continuare ad innovare e mantenere ben saldo i rapporti: Problema/Soluzione e Soluzione/Mercato.
Infine, come ci ricorda Tina Seelig nel suo libro “Creativity Rules”5, l'importanza di capire il “perché” dietro ciò che si fa aiuta a dare significato e contesto alla creatività. Sapere perché si sta perseguendo un certo obiettivo o perché una particolare idea è importante può ispirare e guidare il processo creativo.
Scrivo di growth marketing, innovazione, product management e business, ma anche di esperienze personali. Se ti piacciono i miei contenuti, iscriviti alla mia newsletter per non perdere le prossime uscite.
Walkie-cup :-)
Dopo tutto questo viaggio sui perché spero che ora ti siano molto più chiari i motivi per cui Instagram o Tik Tok o prodotti similari in alcuni casi diventando pericolosamente delle dipendenze: succede quando questi prodotti sono i “cosa” per soddisfare dei “perché” che hanno a che fare con problemi di carattere psicologici o sociali o comportamentali.
I Social Network sono l’esempio più facile e pragmatico dell’effetto “hook”6 quando un prodotto risponde in maniera perfetta a una motivazione che ha a che fare con il comportamento umano. Infatti, se guardiamo i dati - fonte Statista - il tempo di utilizzo giornaliero dei social media è passato da 90 minuti nel 2012 a 2 ore e 30 minuti nel 2023. Inoltre, come riportato in altre fonti, gli utenti di Instagram trascorrono mediamente tra i 29 e i 49 minuti al giorno sulla piattaforma, mentre quelli di TikTok circa 33-95 minuti
Oppure perché le persone continuano a comprare le motociclette Harley Davidson nonostante non siano economiche, performanti, comode o che che consumino poco. Oppure perché tanti come me sono Converse addicted anche d’inverno! Oppure perché Bing non è ancora riuscita a scalfire dopo più di 14 anni Google dal punto di vista del market share - 3% vs 90%.
Quindi, mentre ci avviciniamo alla fine di questo 2023, riflettiamo sui nostri "perché". Perché facciamo ciò che facciamo, amiamo ciò che amiamo, scegliamo ciò che scegliamo. Ma, soprattutto se lavori nel campo dello sviluppo di soluzioni digitali e non, chiediti perché i nostri clienti ci scelgono ed evita di rispondere con degli output!
Per questo vi chiedo: qual è il “perché” che guida le vostre scelte quotidiane, sia personali che professionali? Vi invito a condividere le vostre riflessioni, esperienze o semplici curiosità con me - sarebbe un buon modo per migliorare la nostra conoscenza e connessione che apprezzerei immensamente. Se poi qualcuno, addirittura, mi scrivesse anche perché ha scelto e continua a scegliere di leggere la mia newsletter sarebbe un regalo di Natale da WOW!
D’altronde scoprendo i veri "perché" anche un Grinch come me potrebbe trovare un modo per farsi piacere il Natale.
A presto e buone feste,
Mirko
Grazie per aver letto un mio POM!
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Articolo di approfondimento: https://www.mirkomaiorano.it/jobs-to-be-done-the-forces-of-progress/
Se non sai chi è Adam Smith è un problema! Vai subito qui e recupera! Inoltre il suo “libro” (1300 pagine circa) è un must read di economia secondo me anche se alcune delle teorie sono superate, i concetti alla base sono ancora validi nonostante sia stato scritto tre secoli fa: La ricchezza delle nazioni.
L'effetto “hook” si verifica quando un prodotto crea un ciclo di abitudine quasi irresistibile, spesso basato su ricompense variabili e gratificazione immediata, come avviene con i social network.