POM #81 - Odissea dell'innovazione: tra eroi del prodotto, abissi e oceani blu
Ti porto in viaggio con me in questa fantastica storia sull'Innovazione in ambito B2B in cui i vari protagonisti affronteranno con coraggio le innumerevoli sfide.
Premessa
Lo so che è da un po' che non ci sentiamo. Alcuni di voi mi hanno addirittura scritto su WA per chiedermi se andava tutto bene perché non stavano ricevendo la mia newsletter. :-) La verità è che la volevo inviare a gennaio, ma come puoi notare non ce l’ho fatta!
Questo 2024 è partito pieno sfide e con tantissime attività nel 1° quadrante (purtroppo) e ancor di più nel 2° - con scadenze ravvicinate. Se non sai cosa sono i “quadranti” trovi una nota alla fine della newsletter1. Per farmi perdonare della mia assenza, ti ho preparato una newsletter densa di contenuti preziosi.
Prima, però, mi farebbe piacere conoscere la tua risposta a questa semplice domanda: ti è mancata la mia newsletter? Fammelo sapere rispondendo al sondaggio.
Ora veniamo al topic!
Tuffarsi nell’Innovazione è questione di stile e mentalità
Vista la mia passione per i numeri e l’innovazione mi sono chiesto se ci fosse un modo per calcolare con precisione il costo di una cattiva gestione o, addirittura, della mancata gestione di un processo di innovazione aziendale.
Una domanda semplice semplice! 😅
Mi sono dato questa risposta: “il costo di una mancata gestione dell’innovazione è pari al valore complessivo dell’azienda. L’immobilismo o l'essere conservatori, infatti, portano a un quasi certo fallimento nel medio-lungo termine”.
Credevo di essere stato abbastanza drastico, polemico e negativo in quella mia affermazione, poi ho letto questa statistica2: “dal 2000 ad oggi il 52% delle aziende inserite nella lista Fortune 500 sono fallite, chiuse o acquisite”.
Il principale motivo? L’avanzamento tecnologico o ancora meglio la digital disruption.
Un altro interessante studio pubblicato su Statista3 afferma che “nel 2020, la durata media della vita di un’azienda inclusa nell’indice Standard and Poor’s 500 era di poco più di 21 anni, rispetto ai 32 anni del 1965”.
La storia dell’imprenditoria mondiale è piena di esempi degli effetti negativi dell’immobilismo o della cattiva gestione di un processo di innovazione: Microsoft MySpace, Pam Am, General Motors, Compaq, Kodak, Blockbuster, etc.
Quella che mi piace di più è la storia di Kodak perché fa parte della mia adolescenza ed è uno di quei brand che mi ricordano le gite scolastiche, le comitive di amici, la spensieratezza di quei tempi e altri eventi che mi fanno sorridere.
Il Caso Kodak: dalle stelle alle stalle
Kodak, un tempo leader indiscusso nel mercato della fotografia, è diventato un classico esempio di come l'immobilismo, o un approccio conservatore nell’ambito dell’innovazione, possano condurre al declino.
Negli anni '70 Kodak possedeva praticamente il mercato della fotografia analogica, con una quota che sfiorava il monopolio in termini di pellicole, macchine fotografiche e sviluppo foto - mi ricordo i mitici negozi “Stampa in 24 ore" con il marchio Kodak, le macchinette usa e getta di cartone e il mitico Ciribiribì.
Tuttavia, nonostante fosse stata proprio la Kodak ad aver inventato la prima macchina fotografica digitale nel 19754, l'azienda scelse di non perseguire questa innovazione temendo di cannibalizzare il suo fiorente e super solido mercato delle pellicole fotografiche.
Riporto integralmente le dichiarazioni dell’ingegnere inventore della Kodak Steve Sasson in un articolo del 2007: “After taking a few pictures of the attendees at the meeting and displaying them on the TV set in the room, the questions started coming. Why would anyone ever want to view his or her pictures on a TV? How would you store these images? What does an electronic photo album look like? When would this type of approach be available to the consumer? Although we attempted to address the last question by applying Moore’s law 5 to our architecture (15 to 20 years to reach the consumer), we had no idea how to answer these or the many other challenges that were suggested by this approach….”.
Questa decisione che all'epoca sembrava prudente, si rivelò catastrofica quando la fotografia digitale divenne prevalente. Kodak tentò di adeguarsi, ma il vantaggio competitivo già consolidato da aziende come Canon e Nikon era irraggiungibile. L'incapacità di Kodak di prevedere e adattarsi alle mutevoli preferenze dei consumatori e ai rapidi avanzamenti tecnologici serve da monito: l'immobilismo e il conservatorismo possono frenare l'innovazione e, in ultima analisi, condurre al fallimento6 di mercato.
Kodak, dall'essere un gigante indiscusso nel suo campo, è passata a lottare per la sopravvivenza in un'era dominata dalla tecnologia che aveva inizialmente a sua disposizione e che ha scelto di ignorare.
Questo caso studio dimostra dolorosamente che nessuna azienda, per quanto grande o dominante possa essere, è immune dal bisogno di innovare e adattarsi.
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Siamo tutti bravi con i fallimenti degli altri
In un mondo in cui siamo tutti politici, economisti, medici e allenatori sportivi da bar, figuriamoci se non ci mettiamo sul piedistallo anche per fare la predica agli imprenditori che hanno fallito miseramente, come nella storia appena raccontata della Kodak.
Ma la verità la conosciamo tutti: fare impresa è già un’impresa, figuriamoci anche innovare!
Analizziamo un attimo lo scenario odierno:
evoluzione tecnologica a ritmi così rapidi che quando una tecnologia arriva alla massa - curva di adozione di Rogers7 - ha già mediamente 10 anni sulle spalle e nel frattempo gli early adopter stanno usando una nuova tecnologia che sembra uscita da un film di fantascienza;
globalizzazione dei mercati e della concorrenza grazie ad internet e agli smartphone che hanno abbattuto ogni limite logistico, culturale, linguistico e commerciale;
investimenti privati e pubblici sempre più indirizzati a un mercato finanziario più che all’economia reale e molto, ma molto distanti dalla ricerca e sviluppo - male male male!
impazienza imprenditoriale o ansia da risultato, ovvero tutti a guardare le uova d’oro quotidiane perdendo di vista e non curando la gallina che le depone quelle uova. Questo si traduce in una quasi totale assenza di pianificazione e programmazione strategica a medio-lungo termine;
la disinformazione e l’impreparazione. Continuiamo a studiare su testi e casi studio ambientati in scenari e contesti ben diversi dagli attuali o da quelli italiani, ad esempio;
una politica a livello nazionale e mondiale incapace di innovare e di innovarsi legata ancora a strategie di protezionismo o una nuova forma di colonialismo dove l’unico obiettivo è dimostrare chi è più forte e potente.
Senza parlare di guerre, pandemie, crisi finanziarie, litigi e ripicche tra grandi potenze economiche mondiali con ricadute disastrose - roba da asilo nido.
Ora, in un contesto così ti sembra semplice innovare e fare l’imprenditore? A me, no!
Condividi questa newsletter con chi la deve assolutamente leggere.
Chi o cosa può aiutare gli imprenditori in questo marasma?
Vi presento l’eroe, anzi gli eroi di questa era tecnologica: i product manager e i loro team di prodotto!
Ok, forse non vorremmo avere proprio lui in ufficio come Product Manager - anche se alcuni PM che conosco ci assomigliano tantissimo quanto meno per la pigrizia da divano - ma vorremmo avere degli uomini di prodotto come li definisce Seth Godin, o dei multipotenziali come li chiama Emilie Wapnick, che ne sanno di business, di design, di leadership, di sviluppo software (nel caso di Prodotti Digitali), di lavoro in team, di gestione del tempo e dei budget, di task management e di prioritizzazione outcome-driven.
Persone con una mentalità data-informed che prendono decisioni osservando i dati e le informazioni in loro possesso. Persone che sanno ascoltare e fare le domande giuste.
Fai attenzione che ho scritto “che ne sa” e non “ha una forte competenza tecnica in” perché il Product Manager non è un tuttologo o un tuttofare, anzi un PM senza un team di prodotto tecnicamente super preparato, coeso e ingaggiato, non ha alcuna possibilità di generare valore.
Un Product Manager, inoltre, viene spesso affiancato quotidianamente nelle fasi decisionali da almeno un Designer e da un Tech Leader per poter essere efficace; lavora e collabora nella massima trasparenza e fiducia con un team di prodotto auto-organizzato e multidisciplinare capace di “mettere a terra” la migliore soluzione tecnica possibile per il problema individuato, o ancora meglio, per l’opportunità di miglioramento individuata.
Soprattutto, un Product Manager e un team di prodotto portano un cambio di approccio nello sviluppo di soluzioni digitali (aka Prodotti digitali). In un epoca dove le soluzioni - intese come prodotti o servizi atti a soddisfare un bisogno - scadono e diventano obsolete velocemente, mentre i problemi evolvono e mutano a una velocità impressionante, è necessario adottare un approccio allo sviluppo di soluzioni che non può esaurirsi nella mera esecuzione di un progetto rispettando i suoi vincoli (aka Project Management), ma deve avere una visione più ampia e prevedere una continua e costante attività di ascolto e analisi dei bisogni al fine di mantenere costante e positivo il rapporto tra il prodotto sviluppato e le esigenze del mercato.
Il Product Management risponde proprio a questa esigenza: conoscere e comprendere il problema e la sua evoluzione attraverso una costante attività di ricerca e scoperta per far sì che la soluzione ideata e sviluppata non diventi mai obsoleta o superata, ma sia sempre allineata ai bisogni e riesca a generare innovazione.
Scrivo di growth marketing, innovazione, product management e business, ma anche di esperienze personali. Se ti piacciono i miei contenuti, iscriviti alla mia newsletter per non perdere le prossime uscite.
I super poteri del Product Manager e del team di prodotto
Come ogni eroe che si rispetti, qualche asso nella manica ce l’ha anche lui per poter affrontare le sfide che si troverà davanti. Questi super poteri sono rappresentati, oltre che da una sinergia con il team di prodotto che genera il famoso 1+1 > 2, e dalle sue incredibili hard e soft skill, da un set di framework, metodologie e strumenti che ha a disposizione e sa governare.
Impossibile elencarli tutti perché vanno da tecniche di brainstorming a framework lean-agile, dal design thinking e logical thinking, passando per approcci DevOps, al Continuous Delivery, Product Growth Marketing, User Research, Data Analysis, Qualità del codice e della documentazione, etc.
Vista l’impossibilità di elencarli tutti, mi soffermerò nella descrizione di quattro strumenti che ritengo dei veri super poteri, se utilizzati bene:
il Lean Canvas
il framework delle 4 azioni
il Jobs-To-Be-Done
le 4 forze del progresso
Lean Canvas
Il Lean Canvas di Ash Maurya8 esiste da più di 10 anni, ma lo vedo applicare ancora troppe poche volte nello sviluppo di prodotti digitali - ad esempio, negli eventi di Startup Weekend si usa ancora il Business Model Canvas che ritengo sia già per una fase più matura dell’idea.
Eppure, il Lean Canvas è così utile e versatile che non capisco davvero perché non sia il primo pensiero dopo la classica frase “ho avuto un’idea”.
Vediamo se riesco a convincerti ad utilizzarlo. :-)
Partiamo dal definire a cosa serve:
aiuta a mappare le informazioni strategiche in modo sintetico;
facilita la consultazione e la condivisione delle informazioni;
aiuta a individuare ciò che è ancora al livello assunzioni o ipotesi rispetto a ciò che siamo riusciti a validare con i famosi YODa (Your Own Data).
aiuta a ragionare su ciò che deve assolutamente verificarsi per far si che la nostra soluzione raggiunga il suo scopo.
Ora qualche consiglio per usarlo al meglio:
io uso post di diverso colore per segnalare ciò che è:
una assunzione o ipotesi di medio rischio con il colore giallo. Quelle che potrebbero non essere validate dal mercato, ma che non modificano sostanzialmente la natura del progetto di business;
una assunzione o ipotesi di estremo rischio con il colore rosso. Quelle che potrebbero distruggere ogni riflessione successiva, se non venissero validate da evidenze e dati reali, e che spesso costringono a un pivot;
per tutto ciò che è stato validato con dati ed evidenze uso, invece, il colore verde.
quando inizio ad avere un lean canvas con abbastanza post-it verdi e nessun rosso, ne creo un secondo e un terzo immaginando già gli scenari futuri di quando il prodotto dovrà superare il chasm9 tra gli early adopters e gli early majority. Quali canali dovrò utilizzare? Quali partnership o risorse chiave dovrò mettere in campo? Quale sarà il mio vantaggio competitivo una volta arrivato sul mercato? Chi saranno gli utenti early majority?
Parto sempre dal problema e dalle alternative esistenti, poi mi sposto sui customer segment perché sono mosso da una mantra “di tutti quelli che hanno un problema a me interessano particolarmente quelli che ne soffrono di più”.
Dove riesco e trovo utile, descrivo i customer segment utilizzando le azioni che compiono nel lavoro o nella vita privata inerenti i problemi riscontrati più che le caratteristiche demografiche o professionali, perché ciò che mi interessa è come migliorare le loro attività a prescindere da quanti anni hanno o di che sesso sono.
Il framework delle quattro azioni
Nel ambito della concorrenza, la Strategia dell'Oceano Blu10 offre uno strumento davvero efficace [IMHO] e potente, che aiuta a ridefinire i confini del mercato attraverso quattro domande chiave sulle soluzioni già presenti: Cosa eliminare? Cosa ridurre? Cosa aumentare? Cosa creare?
A cosa serve un framework del genere?
individuare un modo per distinguersi nel mercato eliminando o riducendo gli elementi che i concorrenti prendono per scontati, ma che in effetti non generano valore a un particolare segmento di utenti. Esempio: voli low-cost di Ryanair senza tutti i classici servizi o comfort dei voli “standard”.
ridurre costi o caratteristiche superflue concentrandosi su ciò che offre effettivamente valore al cliente. Esempio: Ikea riducendo i costi di trasporto e montaggio e aumentando l’engagement dei suoi clienti usando la spinta personale del DIY.
aprire nuovi spazi di mercato creando quello che nessuno ha ancora offerto. Esempio: Apple con l'iPhone ha creato un nuovo segmento di mercato, combinando telefono, iPod e browser internet in un unico dispositivo.
potenziare alcuni elementi della propria offerta portandoli ben oltre gli standard del settore e creare così un valore aggiunto unico. Esempio: Starbucks ha aumentato l'esperienza classica del caffè al bar, trasformando una semplice tazza di caffè in un'esperienza personale e personalizzata.
Alcuni consigli personali:
identifica ciò che i concorrenti enfatizzano e prova a considerare l'opposto.
concentra gli sforzi su ciò che aggiunge valore reale per il cliente ascoltandolo, analizzando le sue azioni, comprendendo i suoi obiettivi, ed eliminando gli aspetti che ritiene irrilevanti.
valuta continuamente i tuoi processi interni per ridurre i costi senza compromettere la qualità.
testa e sperimenta per rispondere ai bisogni spesso inespressi dei clienti.
Jobs-to-be-done
In un mondo dove le esigenze dei clienti evolvono rapidamente, capire non solo cosa e come comprano le cose le persone, ma il perché lo fanno, diventa fondamentale.
Qui entra in gioco il Jobs-to-be-Done11 (JTBD), uno strumento che adoro!
Perchè mi piace così tanto? Aiuta a focalizzarsi sugli obiettivi (i "Jobs") che i clienti cercano di completare nella loro vita quotidiana per evolvere, per migliorare il loro stato.
Pensaci un attimo su: “Perché mangi?” “Perché sei sposato/convivente con la persona che hai accanto?” “Perché hai fatto il tuo ultimo acquisto?”
In tutti i casi, il motivo è molto semplice: volevi modificare in meglio uno stato in cui ti trovavi. Comprendere questa cosa è fondamentale per poter affrontare un percorso di innovazione che risponda al meglio alle esigenze del mercato.
In particolare, l’uso del JTBD ti aiuta a
scoprire i bisogni nascosti, non soddisfatti o completamente nuovi analizzando i compiti che i clienti cercano di svolgere. Ad esempio, quando Spotify ha capito che le persone cercavano un modo più semplice per scoprire nuova musica e gestire le proprie playlist, ha rivoluzionato l'ascolto della musica online.
sviluppare soluzioni che rispondono direttamente agli obiettivi reali dei clienti riducendo così i rischi imprenditoriali di un processo di R&D. La Dyson, ad esempio, ha reinventato il tradizionale aspirapolvere concentrandosi sul "Jobs" di pulire senza avere scocciature, introducendo così la tecnologia senza sacchetto.
comunicare il valore del prodotto in termini di benefici reali per il cliente, non solo di caratteristiche tecniche. Airbnb ha trasformato il settore dell'ospitalità focalizzandosi sul "Jobs" delle persone che cercano esperienze di viaggio uniche e accessibili, piuttosto che su semplici alloggi.
progettare esperienze che allineano l'offerta dell'azienda con le aspettative dei clienti. Amazon, con il suo pulsante di acquisto in un clic, ha semplificato enormemente il "Jobs" di fare acquisti online, riducendo attriti e migliorando la soddisfazione del cliente.
Le quattro forze del progresso
The last but not the least ecco il modello: le quattro forze del progresso12.
Sempre nell’ambito del “capiamo perché le persone comprano le cose”, questo strumento è super utile per mappare le forze principali che influenzano le decisioni dei potenziali clienti: la spinta data dalla situazione attuale; l’attrazione verso la novità; il freno derivante dall’abitudine e la consuetudine; la paura e l’ansia del nuovo e del non conosciuto.
Mappare queste forze aiuta nella stesura di una strategia che possa sfruttare a proprio vantaggio le spinte positive e a mitigare i freni nella fase decisionale dei potenziali clienti.
Walkie-cup :-)
Dopo tutto questo viaggio spero ti sia più chiaro quanto è complesso sviluppare un prodotto digitale ed innovare, ma, soprattutto, perché non c’è spazio all’improvvisazione.
Servono persone e competenze, oltre che le giuste risorse economiche. Se hai voglia di discutere con me di Digital Product Management basta che rispondi a questa email e sarò felice di ascoltare i tuoi bisogni e aiutarti a trovare le giuste risposte.
Inoltre, con 20tab organizziamo workshop e brevi corsi all’interno delle aziende per far toccare con mano l’efficacia della metodologia di Product Management e divulgare le migliori pratiche frutto delle nostre esperienze dirette. Se sei interessato, invia un’e-mail a sales@20tab.com per richiedere una video call esplicativa.
A presto,
Mirko
Grazie per aver letto un mio POM!
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